domingo, 9 de agosto de 2009

Dal segno... alla vita di S. Em. A. Canizares Llovera




Sempre, ma particolarmente in questi momenti della storia, segnati da una profonda crisi di Dio nel mondo e di una forte secolarizzazione interna alla Chiesa, almeno nell’Occidente, ravvivare e rafforzare il senso e il genuino spirito della Sacra Liturgia nella coscienza e nella vita della Chiesa è urgente e incalza come nessun’altra cosa. La Chiesa, le comunità e i fedeli cristiani avranno vigore e vitalità solo se vivono della Liturgia, se si abbeverano di questa fonte, perché soltanto così vivranno di Dio stesso, di colui in cui radica la loro forza, la loro stessa vita, la loro capacità e la loro prodezza evangelizzatrice, tutta la loro collaborazione agli uomini e al futuro dell’umanità. Il futuro dell’uomo è nella Liturgia.
La Liturgia ci indirizza a Dio. Il soggetto della Liturgia non siamo noi, è Dio, è Cristo, è lo Spirito Santo, la Santa e Indivisibile Trinità. Liturgia significa, prima di tutto, parlare di Dio, presenza e azione di Dio: riconoscere Dio come centro di tutto, da cui procede ogni bene, glorificare Dio, lasciar agire Dio e che operi la sua salvezza. La costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II insegna che il fine della celebrazione è la gloria di Dio e la salvezza degli uomini. Nella Liturgia «viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati» (SC 7).
Come ricordava l’allora cardinale Joseph Ratzinger, il fatto, osservato in retrospettiva, che la Costituzione Sacrosantum Concilium sia stata situata al principio del Vaticano II ha il senso preciso che sin dall’inizio «c’è l’adorazione. E, per tanto, Dio. Questo principio corrisponde alle parole della Regola Benedettina: Operi Dei nihil præponatur». La Chiesa, per sua natura, scaturisce dalla sua missione di glorificare Dio, ed è irrevocabilmente legata alla Liturgia, la cui sostanza è la riverenza e l’adorazione a Dio, colui che è presente nella Chiesa e agisce in essa. Una certa crisi che ha potuto incidere in modo importante nella Liturgia e nella Chiesa dagli anni dopo il Concilio fino ad oggi, è frequentemente dovuta al fatto che al centro non è stato messo Dio e l’adorazione a Lui dovuta, bensì gli uomini. «Nella storia del post-concilio la costituzione sulla liturgia non è stata certamente capita a partire da questo fondamentale primato “di Dio” e dell’adorazione, ma come un libro di ricette su quello che possiamo fare con la Liturgia. Tuttavia, quanto più la facciamo per noi stessi, risulta meno attraente perché tutti avvertono che l’essenziale si è perso» (J. Ratzinger): in questo modo, le comunità e i fedeli appassiscono, si debilitano e languiscono. In definitiva, se vogliamo una Chiesa presente nel mondo, capace di rinnovarlo e trasformarlo conforme al volere di Dio, reale e come emblematicamente indica Gaudium et Spes, precisa che sia, prima e soprattutto, una Chiesa che viva secondo quanto manifesta Sacrosantum Concilium.
Perciò nei momenti attuali l’urgenza sta nel dare impulso ad un nuovo movimento liturgico che faccia rivivere la vera eredità del Concilio Vaticano II. Abbiamo senza dubbio bisogno di questo nuovo movimento.
Il Santo Padre, prima di diventarlo, ha parlato della riforma della riforma che, secondo la sua opinione, dovrebbe essere anzitutto un processo educativo che conduca nell’ambito di tutta la Chiesa alla logike latreìa, la rationalis oblatio (cf Rm 12,1). «è urgente un ritorno allo spirito del rinnovamento liturgico: non abbiamo bisogno di forme nuove per derivare verso l’esterno, bensì di una formazione e di una riflessione, di un approfondimento mentale senza il quale qualsiasi celebrazione degenera rapidamente in pretta esteriorità» (J. Ratzinger).
fonte:il settimanale di padre Pio