quarta-feira, 30 de junho de 2010

SAN JOSÉ CAFASSO: MODELO DE DIRECTOR ESPIRITUAL

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CIUDAD DEL VATICANO, 30 JUN 2010 (VIS).-A la luz del recién clausurado Año Sacerdotal, Benedicto XVI recordó en la catequesis de la audiencia general de los miércoles la figura del italiano San José Cafasso (1811-1860), del que hace una semana se celebró el 150 aniversario del fallecimiento.

San José estudió filosofía y teología y cuatro meses después de ser ordenado sacerdote, en 1833 ingresó en el Convictorio Eclesiástico “San Francisco de Asís” de Turín para perfeccionarse en la pastoral.

La figura de sacerdote que contribuyó a reforzar, dijo el Papa, fue “la de verdadero pastor con una rica vida interior y una profunda entrega en la atención pastoral, fiel en la oración, comprometido en la predicación, en la catequesis, atento a la celebración de la Eucaristía y al ministerio de la Confesión, siguiendo el modelo encarnado por San Carlos Borromeo y San Francisco de Sales y promovido por el Concilio de Trento”.

“San José Cafasso -prosiguió- intentó realizar este modelo en la formación de los jóvenes sacerdotes para que ellos, a su vez, se convirtieran en formadores de otros presbíteros, religiosos y laicos, siguiendo una cadena tan especial como eficaz”.

El santo, que dedicaba muchas horas a la Confesión, “amaba de forma total al Señor, tenía una fe bien enraizada, sostenida por una oración profunda y prolongada y vivía una caridad sincera con todos. Conocía la teología moral, pero también conocía muy bien las situaciones y el corazón de la gente, de cuyo bien se hacía cargo, como el buen pastor”.

Recordando que San Juan Bosco lo tuvo como director espiritual de 1835 a 1860, Benedicto XVI precisó que San José Cafasso no quiso nunca hacer de San Juan Bosco “un discípulo a su imagen y semejanza”, y este a su vez no copió nunca a su maestro. “Lo imitó en las virtudes humanas y sacerdotales, definiéndolo modelo de vida sacerdotal, pero siguió sus actitudes personales y su vocación propia. Esta es una enseñanza fundamental para todos los que se dedican a la formación y a la educación de las generaciones jóvenes”.

Otro elemento que caracterizó el ministerio de San José Cafasso fue “la atención por los últimos, en particular por los presos que (...) vivían en lugares inhumanos y deshumanizadores”. Si al principio el santo recurría en sus sermones a los encarcelados a “grandes predicaciones a las que asistía a menudo toda la población carcelera, con el pasar del tiempo privilegió la catequesis más directa, llevada a cabo en los encuentros y coloquios personales. Respetuoso de las vivencias de cada uno, afrontaba los grandes temas de la vida cristiana, hablando de la confianza en Dios, de la adhesión a su voluntad, de la utilidad de la oración y de los sacramentos, cuyo punto de llegada es la Confesión, el encuentro con Dios que se hace misericordia infinita.

Murió en 1860. En 1948 el Papa Pío XII lo proclamó patrono de las cárceles italianas y en 1950 lo propuso como “modelo para los sacerdotes entregados a la Confesión y a la dirección espiritual”.

En sus saludos en diferentes idiomas, el Papa se dirigió en modo especial a los arzobispos metropolitanos que ayer recibieron el palio y a quienes les acompañaban.
AG/ VIS 20100630 (540)

Arriva a Roma Marc Ouellet, l’uomo che farà i vescovi . Benvenuto Card. Marc Ouellet Prefetto della Congregazione per i Vescovi - 30 giugno 2010 Benvenuto e Buon lavoro! Em.mo Card. Marc Ouellet Arcivescovo di Québec Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina

Benvenuto Card. Marc Ouellet Prefetto della Congregazione per i Vescovi - 30 giugno 2010


Benvenuto e Buon lavoro!

Em.mo Card. Marc Ouellet
Arcivescovo di Québec
Prefetto della Congregazione per i Vescovi e
Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina
fonte:maranatha.it
Già nelle ore precedenti il conclave del 2005 il vaticanista statunitense John Allen inserisce il cardinale francocanadese Marc Ouellet tra i papabili. Allen motiva così la sua candidatura: “Le persone che lavorano con lui lo descrivono come una persona affabile, umile e flessibile, e non un uomo così prigioniero del proprio sistema intellettuale da renderlo incapace di ascoltare gli altri. Inoltre parla correntemente inglese, francese, italiano e tedesco”. In quelle ore anche un altro vaticanista di prestigio, Sandro Magister, parla di lui: insieme all’italiano Angelo Scola e al francese Philippe Barbarin, dice Magister, Ouellet è tra i più promettenti allievi-modello di Hans Urs von Balthasar, il gigante della teologia del secondo Novecento. Oggi, con Benedetto XVI saldamente al governo, ogni discorso sui papabili risulta aleatorio e prematuro. Eppure c’è un dato oggettivo che va rilevato: l’imminente annuncio di Ouellet quale nuovo prefetto della Congregazione dei vescovi, al posto del cardinale Giovanni Battista Re, resta un’indicazione importante offerta direttamente dal Papa alla chiesa che verrà.
Ouellet, 66 anni, è un religioso sulpiziano originario di La Motte, piccolo centro nei pressi della città canadese francofona di Amos. A differenza del cardinale Re che si era formato principalmente all’interno della curia romana – per undici anni ricoprì uno dei più alti compiti ai quali può aspirare un diplomatico vaticano, sostituto della segreteria di stato – la formazione di Ouellet è più variegata: vescovo in Quebéc, primate del Canada, è stato per poco più di un anno segretario del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Perché il Papa l’ha scelto? Ci sono dei motivi tecnici: il segretario di stato Tarcisio Bertone voleva un non italiano e Benedetto XVI l’ha assecondato. Ma il Papa si è indirizzato su Ouellet soltanto in un secondo momento, dopo che la candidatura del cardinale autraliano George Pell, arcivescovo di Sydney, è decaduta per colpa del montare delle proteste di un’associazione di vittime della pedofilia irlandese, che ha contestato al cardinale la gestione di vecchi casi di abusi. Il primo caso di una nomina mancata per le proteste preventive mosse dalle vittime della pedofilia.
Ouellet è un allievo di Von Balthasar, e la cosa non è da sottovalutare: “Von Balthasar mi ha introdotto alla figura unica di Cristo, chiave della realtà totale”, disse il porporato nel 2004 ospite del Meeting di Cl a Rimini. Membro della rivista Communio, della quale il teologo svizzero fu uno dei fondatori assieme a Joseph Ratzinger, Henri de Lubac e Jean-Luc Marion, è tra i rappresentanti del collegio cardinalizio più vicini, intellettualmente e teologicamente parlando, all’attuale Pontefice. Di questo, infatti, Benedetto XVI sembra avere bisogno: di un prefetto che sappia interpretare, nel delicatissimo compito che è quello di scegliere i vescovi, il suo pensiero e le sue aspettative.
Sostituire Re non è impresa facile. Re conosce i meccanismi e la burocrazia della curia romana come pochi. Formatosi alla scuola diplomatica della Pontificia accademia ecclesiastica, vanta un legame coi nunzi sparsi nel mondo difficilmente superabile. Questo legame è stata la sua forza ma anche, per alcuni, una sua debolezza: alcune delle nomine di Re hanno subìto il peso dei nunzi e delle diverse conferenze episcopali del mondo. Re ha avuto una parabola singolare: inzialmente legatissimo a Giovanni Paolo II e al cardinale Camillo Ruini in alternativa all’asse diplomatico rappresentato in Vaticano da Agostino Casaroli prima, Achille Silvestrini poi, negli ultimi anni ha tendezialmente portato all’episcopato uomini che di quell’asse sono discepoli.
Benedetto XVI già nel 2008 volle mettere al centro dell’attenzione delle gerarchie Ouellet. Nel sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio dell’autunno del 2008, lo nominò relatore generale. Fu un segnale preciso. Il Papa indicava il nome di un vescovo di frontiera, capace di resistere ancorato alla dottrina nonostante tutt’intorno avanzasse una secolarizzazione galoppante: il Québec, un tempo una delle regioni più cattoliche del Nordamerica, è oggi terra di missione da scoprire e conquistare. Ouellet in quei giorni non si tirò indietro. Condusse i lavori del Sinodo e fece parlare di sé per un intervento “ratzingeriano” scritto per la rivista Vita e Pensiero. Disse: “E’ giunta l’ora di frenare il fondamentalismo laicista imposto per mezzo dei fondi pubblici e ritrovare un equilibrio migliore fra tradizione e innovazione creatrice al servizio del bene comune. Si deve imparare di nuovo il rispetto della religione che ha forgiato l’identità della popolazione e il rispetto di tutte le religioni, senza cedere alla pressione degli integralisti laici che reclamano l’esclusione della religione dallo spazio pubblico”.
Benedetto XVI nel 2009 ha subìto diverse critiche. Molte di queste sono giunte anche da dentro la chiesa, soprattutto a motivo della revoca della scomunica concessa al vescovo lefebvriano e negazionista sulla Shoah Richard Williamson. In quelle ore, fu il cardinal Ouellet a spendersi più di altri in difesa del Papa. Criticò gli uomini di chiesa. Disse: “A tutti i livelli della leadership della chiesa non è stata raggiunta l’unità con Pietro”.
C’è una volontà che pare evidente dietro la nomina di Ouellet: il Papa vuole accanto a sé una persona della sua linea, un amico della cui fedeltà non debba dubitare. Secondo molti osservatori la nomina assomiglia molto a quella di Antonio Cañizares Llovera alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Altre nomine di tal fattura sono attese negli ultimi due tasselli che presto resteranno scoperti nel puzzle della curia romana disegnata da Ratzinger: il prefetto del clero e il prefetto dei religiosi.
Pubblicato sul Foglio mercoledì 30 giugno 2010
fonte:palazzo apostolico

terça-feira, 29 de junho de 2010

Mons. Albert Malcolm Ranjith: a prática de receber a Sagrada Comunhão na boca e de joelhos foi recebida e exercitada pela Igreja durante um longo período de tempo. Creio que chegou a hora de avaliar a prática acima mencionada, de reconsiderá-la e, se necessário, abandonar a atual, que de fato não foi indicada nem pela Sacrosanctum Concilium, nem pelos Padres Conciliares, mas foi aceite depois da sua introdução abusiva nalguns países.


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A COMUNHÃO DE JOELHOS É A ADORAÇÃO A DEUS




A Comunhão de joelhos,
é a adoração a Deus.

D. Albert Malcolm Ranjith, Secretário Emérito da Congregação do Culto Divino e da Disciplina dos Sacramentos


O Prefácio de D. Malcolm Ranjith, Secretário Emérito da Congregação do Culto Divino e da Disciplina dos Sacramentos à obra “Dominus Est - Riflessioni di un Vescovo dell'Asia Centrale sulla sacra Comunione”, escrito por D. Athanasius Schneider, Bispo auxiliar de Karaganda (Cazaquistão)

No livro do Apocalipse, São João narra que tendo visto e ouvido o que lhe havia sido revelado, se prostrava em adoração aos pés do Anjo de Deus (cf. Ap. 22, 8). Prostrar-se ou ajoelhar-se ante a majestade da presença de Deus, em humilde adoração, era um hábito de reverência que Israel manifestava sempre ante a presença do Senhor.

Diz o primeiro livro dos Reis: “Quando Salomão acabou de dirigir a Javé toda essa oração e súplica, levantou-se diante do altar de Javé, no lugar em que estava ajoelhado e de mãos erguidas para o céu. Ficou em pé e abençoou toda a assembléia de Israel” (1 Reis 8, 54-55). A postura da súplica do Rei é clara: ele estava genuflectido perante o altar.

A mesma tradição se encontra também no Novo Testamento onde vemos Pedro ajoelhar-se diante de Jesus (cfr Lc 5, 8); Jairo para Lhe pedir que cure a sua filha (Lc 8, 41); o Samaritano quando volta para agradecer-Lhe e a Maria, irmã de Lázaro, para Lhe pedir a vida em favor de seu irmão (Jo 11, 32). A mesma atitude de se prostrar, devido ao assombro causado pela presença e revelação divinas, nota-se não raramente no livro do Apocalipse (Ap 5, 8, 14 e 19, 4).

Estava intimamente relacionada com esta tradição a convicção de que o Templo Santo de Jerusalém era a casa de Deus e portanto era necessário dispor-se nele em atitudes corporais que expressassem um profundo sentimento de humildade e de reverência na presença do Senhor.

Também na Igreja, a convicção profunda de que sob as espécies eucarísticas o Senhor está verdadeira e realmente presente, e o crescente costume de conservar a santa comunhão nos tabernáculos, contribuiu para a prática de ajoelhar-se em atitude de humilde adoração do Senhor na Eucaristia.

Com efeito, a respeito da presença real de Cristo sob as espécies Eucarísticas, o Concilio de Trento proclamou: “in almo sanctae Eucharistiae sacramento post panis et vini consecrationem Dominum nostrum Iesum Christum verum Deum atque hominem vere, realiter ac substantialiter sub specie illarum rerum sensibilium contineri” (DS 1651).

Além disso, São Tomás de Aquino já tinha definido a Eucaristia latens Deitas (S. Tomás de Aquino, Hinos). A fé na presença real de Cristo sob as espécies eucarísticas já pertencia então à essência da fé da Igreja Católica e era parte intrínseca da identidade católica. Era evidente que não se podia edificar a Igreja se esta fé fosse minimamente desprezada.

Portanto, a Eucaristia – Pão transubstanciado em Corpo de Cristo e vinho em Sangue de Cristo, Deus em meio a nós – devia ser acolhida com admiração, máxima reverência e atitude de humilde adoração.
O Papa Bento XVI recordando as palavras de Santo Agostinho “nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando” (Enarrationes in Psalmos 89, 9; CCLXXXIX, 1385) ressalta que “receber a Eucaristia significa colocar-se em atitude de adoração d’Aquele que comungamos (...) somente na adoração pode amadurecer um acolhimento profundo e verdadeiro” (Sacramentum Caritatis, 66).

Seguindo esta tradição, é claro que adotar gestos e atitudes do corpo e do espírito que facilitam o silêncio, o recolhimento, a humilde aceitação de nossa pobreza diante da infinita grandeza e santidade d’Aquele que nos vem ao encontro sob as espécies eucarísticas, torna-se coerente e indispensável. O melhor modo para exprimir o nosso sentimento de reverência para com o Senhor Eucarístico seria seguir o exemplo de Pedro que, como nos narra o Evangelho, se lançou de joelhos diante do Senhor e disse “Senhor, afasta-te de mim, porque sou um pecador!” (Lc 5, 8).

Ora, nota-se que nalgumas igrejas, tal prática se torna cada vez mais rara e os responsáveis não só impõem aos fiéis receber a Sagrada Eucaristia de pé, mas inclusive tiraram os genuflexórios obrigando os fiéis a permanecerem sentados ou em pé, até durante a elevação das espécies eucarísticas apresentadas para a Adoração.

É estranho que tais procedimentos tenham sido adotados em dioceses, pelos responsáveis da liturgia, e nas igrejas pelos párocos, sem a mais mínima consulta aos fiéis, se bem que hoje se fale mais do que nunca, em certos ambientes, de democracia na Igreja.

Ao mesmo tempo, falando da Comunhão na mão é necessário reconhecer que se trata de uma prática introduzida abusivamente e à pressa nalguns ambientes da Igreja imediatamente depois do Concilio, alterando a secular prática anterior e transformando-se em seguida como prática regular para toda a Igreja. Justificava-se tal mudança dizendo que refletia melhor o Evangelho ou a prática antiga da Igreja.

É verdade que se se recebe na língua, se pode receber também na mão, sendo ambos órgãos do corpo de igual dignidade. Alguns, para justificar tal prática, referem-se às palavras de Jesus: “Tomai e comei” (Mc 14, 22; Mt 26, 26). Quaisquer que sejam as razões para sustentar esta prática, não podemos ignorar o que acontece a nível mundial em todas partes onde é adotada.

Este gesto contribui para um gradual e crescente enfraquecimento da atitude de reverência para com as sagradas espécies eucarísticas. O costume anterior, pelo contrário, preservava melhor este senso de reverência. Àquela prática seguiu-se uma alarmante falta de recolhimento e um espírito de distração geral.

Atualmente vêem-se pessoas que comungam e freqüentemente voltam aos seus lugares como se nada de extraordinário se tivesse dado. Vêem-se mais distraídas ainda as crianças e adolescentes. Em muitos casos, não se nota este sentido de seriedade e silêncio interior que devem indicar a presença de Deus na alma.

O Papa fala da necessidade de não só entender o verdadeiro e profundo significado da Eucaristia, como também de celebrá-la com dignidade e reverência. Diz que é necessário estar conscientes “dos gestos e posições, como, por exemplo, ajoelhar-se durante os momentos salientes da Oração Eucarística” (Sacramentum Caritatis, 65).

Além disso, tratando da recepção da Sagrada Comunhão, convida todos para “que façam o possível para que o gesto, na sua simplicidade, corresponda ao seu valor de encontro pessoal com o Senhor Jesus no Sacramento” (Sacramentum Caritatis, 50).

Nesta perspectiva é de apreciar o opúsculo escrito por S. Excia. D. Athanasius Schneider, Bispo auxiliar de Karaganda, no Cazaquistão, sob o muito significativo título “Dominus Est” (é o Senhor). Ele deseja dar uma contribuição à atual discussão sobre a Eucaristia, presença real e substancial de Cristo sob as espécies consagradas do Pão e do Vinho.

É significativo que D. Schneider inicie a sua apresentação com uma nota pessoal recordando a profunda fé eucarística da sua mãe e de outras duas senhoras; fé conservada no meio de tantos sofrimentos e sacrifícios que a pequena comunidade dos católicos daquele país padeceu nos anos da perseguição soviética.
Começando desta sua experiência, que nele suscitou uma grande fé, admiração e devoção pelo Senhor presente na Eucaristia, ele apresenta-nos um excursus histórico-teólogico que esclarece como a prática de receber a Sagrada Comunhão na boca e de joelhos foi recebida e exercitada pela Igreja durante um longo período de tempo.

Creio que chegou a hora de avaliar a prática acima mencionada, de reconsiderá-la e, se necessário, abandonar a atual, que de fato não foi indicada nem pela Sacrosanctum Concilium, nem pelos Padres Conciliares, mas foi aceite depois da sua introdução abusiva nalguns países.

Hoje mais do que nunca é necessário ajudar o fiel a renovar uma fé viva na presença real de Cristo sob as espécies eucarísticas para reforçar assim a vida da Igreja e defendê-la no meio das perigosas distorções da fé que tal situação continua a criar.

As razões de tal medida devem ser não tanto acadêmicas, quanto pastorais – espirituais como litúrgicas –, em suma, as que edificam melhor a fé. D. Schneider neste sentido mostra uma louvável coragem, pois soube entender o significado das palavras de São Paulo: “mas que tudo seja para edificação” (1 Cor 14, 26).

+ Malcolm Ranjith, Secretário Emérito da Congregação do Culto Divino e da Disciplina dos Sacramentos

S. Francisco de Sales:Faz o possível para arranjar o tempo necessário de ouvir todos os dias a Santa Missa, a fim de oferecer juntamente com o sacerdote o sacrifício do teu divino redentor a Deus, seu Pai, por ti mesma e por toda a Igreja. São João Crisóstomo nos afirma que os anjos a ele assistem em grande número, para honrar com sua presença este mistério adorável. Não devemos duvidar que, unindo-nos com ele num mesmo espírito, tornemos o Céu propício a nós, enquanto a Igreja triunfante e militante se ajunta com Jesus neste ato divino, para ganhar-nos nele e por ele o Coração de Deus, seu Pai, e merecer-nos todas as suas misericórdias.

A SANTA MISSA E COMO SE DEVE OUVÍ-LA



São Francisco de Sales

A Eucaristia é, na verdade, a alma da piedade e o centro da religião cristã, à qual se referem todos os seus mistérios e leis. É o mistério da caridade, pelo qual Jesus Cristo, dando-se a nós, nos enche de graças dum modo tão amoroso quão sublime.

A oração feita em união com este sacrifício divino recebe uma força maravilhosa, de sorte que a alma, Filotéia, cheia das graças de Deus, da suavidade de seu espírito e da influência de Jesus Cristo, se acha naquele estado de que fala a Escritura quando diz que a Esposa dos Cantares estava reclinada sobre o seu Dileto, inundada de delícias e semelhante a uma nuvem de fumaça que o incenso mais precioso levanta o céu, aromatizando o ar.




Faz o possível para arranjar o tempo necessário de ouvir todos os dias a Santa Missa, a fim de oferecer juntamente com o sacerdote o sacrifício do teu divino redentor a Deus, seu Pai, por ti mesma e por toda a Igreja. São João Crisóstomo nos afirma que os anjos a ele assistem em grande número, para honrar com sua presença este mistério adorável.

Não devemos duvidar que, unindo-nos com ele num mesmo espírito, tornemos o Céu propício a nós, enquanto a Igreja triunfante e militante se ajunta com Jesus neste ato divino, para ganhar-nos nele e por ele o Coração de Deus, seu Pai, e merecer-nos todas as suas misericórdias.




Que dita para uma alma poder concorrer para isso algum tanto, por uma devoção sincera e afectuosa!

Se absolutamente não poder ir à igreja, é necessário então suprires a falta da presença corporal pela espiritual; nunca omitas, numa hora da manhã, ir em espírito aos pés do altar, identificar a tua intenção com a do padre e dos fiéis e ocupar-te com este santo sacrifício, em qualquer parte que estiveres, como o farias, se estivesses na igreja.



Proponho-te em seguida um método de ouvir a Missa devotamente:

a) Desde o começo da Missa até o padre subir ao altar, faze com ele a preparação, que consiste em te apresentares a Deus, em confessares a tua indignidade e em pedires perdão de teus pecados.




b) Depois de subir o padre ao altar, até o Evangelho, considera a vinda e a vida de Nosso Senhor neste mundo, lembrando-te delas com uma representação simples e geral.

c) Do Evangelho até depois do Credo considera a pregação de Nosso Senhor; protesta-lhe sinceramente que queres viver e morrer na fé, na prática de sua palavra divina e na união da santa Igreja Católica;




d) Do Credo ao Pater Noster aplica teu espírito à meditação da Paixão e morte de Jesus Cristo, as quais se representam atual e essencialmente neste santo sacrifício, que oferecerás em união com o padre e com todo o povo a Deus, o Pai de misericórdia, para sua glória e nossa salvação.

e) Do Pater Noster à comunhão, excita teu coração, por todos os modos possíveis, a querer ardentemente unir-se a Jesus Cristo pelos laços mais fortes do eterno amor.




f) Da Comunhão ao fim, agradece à sua divina majestade, por sua encarnação, vida, paixão e morte e também pelo amor que nos testemunhou neste santo sacrifício, conjurando-o por tudo isso a ser propício a ti, a teus parentes e amigos e a toda a Igreja e, ajoelhando-te em seguida com profunda humildade, recebe devotamente a bênção que Nosso Senhor te dá na pessoa de seu ministro.

Querendo, no entanto, fazer no tempo da Santa Missa a tua meditação habitual, escusa-te seguir este método. Será suficiente fazer no começo a intenção de assistir a este santo sacrifício, tanto mais que quase todas as práticas deste método se acham sintetizadas numa meditação bem feita.
Fonte:S.Pio V

CARDEAL CASTRILLÓN :CATÓLICOS "TÊM DIREITO JURÍDICO" AO RITO GREGORIANO, PADRES E BISPOS "DEVEM ACEITAR" SEUS PEDIDOS

 



Párocos e bispos "devem aceitar" os pedidos dos Católicos que pedirem a antiga forma da Missa (em latim ). Este é o "expresso desejo do Papa, "legalmente estabelecido", o qual "deve ser respeitado tanto pelos superiores eclesiásticos como pelos ordinários locais", insistiu. O Cardeal Castrillón continuou, afirmando que "todos os seminários" devem prover treinamento na outra forma da Missa "como um hábito".

Cardeal Dário Castrillon Hoyos – Cardeal encarregado pela implementação da liberalização da Missa Latina e dos outros ritos como eram celebrados antes do Concílio Vaticano II, feita pelo Papa Bento XVI – fez estas observações no prefácio da próxima edição do livro "As Cerimónias do Rito Romano Descritas", o manual inglês padrão a respeito de como celebrar os ritos antigos, lançado ontem.

O Cardeal Castrillón comentou o livro, – 50ª edição, desde que foi publicado pelo Padre inglês Dr. Adrian Fortescue, em 1917 – editado pelo distinto estudioso liturgista Dr. Alcuin Reid, como "uma fonte confiável para a preparação e celebração dos ritos litúrgicos", que o Papa Bento "autoritativamente decretou que podem ser livremente usados". Espera-se que a obra seja publicada pela Continuum/Burns & Oates pelo fim de 2008.



Alcuin Reide, falando de Londres, disse: "A honra do Cardeal ter concordado com este livro demonstra e dá ênfase à importância da antiga forma da Missa e dos sacramentos na renovação geral do Papa Bento na vida litúrgica da Igreja Católica". Ele continua: "Nós estamos em um momento crítico na história da liturgia, e a retirada das restrições da celebração dos antigos ritos, possibilita que estes contribuam com a devoção Católica através do mundo, e reforçam a sua qualidade.

O Director de Publicações de Londres da Continuum, Robin Baird-Smith, acrescentou: "Nós estamos encantados com o fato deste título ter retornado à impressão da 'Burns & Oates', e de uma obra tão importante para estes tempos estar sendo publicada".
Adrian Fortescue, J.B. & Alcuin Reid, "As Cerimónias do Rito Romano Descritas" será publicado em Outubro de 2008 no Reino Unido e em Dezembro de 2008 nos EUA.



Da nova edição do "Cerimónias", eis o prefácio do Cardeal Castrillon Hoyos:

É um prazer para mim apresentar esta 50ª edição de "As Cerimônias do Rito Romano Descritas", a primeira edição desde que o Motu Proprio de nosso Santo Padre, o Papa Bento XVI, Summorum Pontificum, datado de 07 de Julho de 2007, esclareceu definitivamente que os ritos de acordo com os livros litúrgicos em uso em 1962 nunca foram ab-rogados, e que constituem verdadeiramente um tesouro que pertence à toda a Igreja Católica e devem estar disponíveis largamente a todos os fiéis Cristãos.



Está claro, agora, que os Católicos têm um direito jurídico aos antigos ritos litúrgicos, e que os párocos e bispos devem aceitar tais petições e pedidos dos fiéis que pedem por estes ritos. Este é o desejo expresso do Romano Pontífice, legalmente estabelecido no Summorum Pontificum, de forma que deve ser respeitado tanto pelos superiores eclesiásticos como pelos ordinários locais.

O Santo Padre está satisfeito com a generosa resposta à sua iniciativa, pelos vários padres que se dispuseram a aprender novamente os ritos e cerimônias do Santo Sacrifício da Missa e dos outros sacramentos, conforme o Usus Antiquor, de forma que possam servir às pessoas que o desejam. Eu encorajo os padres a fazerem isso, em espírito de generosidade pastoral e amor pelo patrimônio litúrgico do Rito Romano.



Os seminaristas, como parte de sua formação em liturgia da Santa Igreja, devem também se familiarizar como tal uso do Rito Romano, não somente para servir às pessoas de Deus que requisitarem esta forma da devoção Católica, mas também para ter uma profunda apreciação da formação dos livros litúrgicos em vigor hoje em dia. A partir disso, todos os seminários devem prover tal tipo de treinamento como um hábito.

O presente livro, um guia clássico para a celebração do antigo Rito Gregoriano da Igreja no mundo anglofono, servirá aos sacerdotes e seminaristas do século XXI – da mesma forma que serviu vários sacerdotes do século XX – em sua missão pastoral, a qual agora necessariamente inclui a familiaridade com a abertura ao uso da antiga forma da Sagrada Liturgia.

Eu felizmente exalto esta obra ao clero, seminaristas e leigos, como uma ferramenta confiável para a preparação e celebração dos ritos litúrgicos autoritativamente garantidos pelos Santo Padre no Summorum Pontificum.



Eu felecito o distinto estudioso liturgista,Dr. Alcuin Reid, pelo seu cuidado e precisão em assegurar que sua edição revisada, estivesse de acordo com as últimas decisões autoritativas referentes a estes ritos litúrgicos. Como o Papa Bento XVI escreveu em sua carta que acompanhou o Summorum Pontificum: "Na história da liturgia há um crescimento e progresso, mas não ruptura". O Rito Gregoriano é hoje um rito litúrgico vivo, o qual continuará seu progresso sem perder nenhuma de suas riquezas, amparado na tradição.

Em que o Santo Padre continuou: "Aquilo que para as gerações anteriores era sagrado, permanece sagrado e grande também para nós, e não pode ser de improviso totalmente proibido ou mesmo considerado prejudicial. Faz-nos bem a todos conservar as riquezas que foram crescendo na fé e na oração da Igreja, dando-lhes o justo lugar". Que este livro ajude a Igreja de hoje e de amanhã a realizar a visão do Papa Bento XVI.

Darío Cardeal Castrillón Hoyos
Presidente da Pontifícia Comissão "Ecclesia Dei"
25 de setembro de 2008
Fonte:S.Pio V

Donna Assunta Almirante:" credo che la messa antica, quella di una volta e di sempre, la tridentina, fosse maggiormente rispettosa della tradizione e del sacro. Oggi molte celebrazioni sono diventate uno spettacolo e un circo, e lo si vede dal numero dei fedeli. Le chiese sono deserte, un fallimento, bisogna ammetterlo. Speriamo che questo Papa riporti l' orgoglio di essere cattolici".


La Chiesa si é fermata a Pio XII, oggi respira con Benedetto XVI. L'istituzione ha inseguito la modernità, dimenticando la tradizione e i risultati si vedono: Chiese vuote e pochi fedeli. Privilegiato un modello spettacolare  
La Chiesa si é fermata a Pio XII, oggi respira con Benedetto XVI. 
L'istituzione ha inseguito la modernità, dimenticando la tradizione e i 
risultati si vedono: Chiese vuote e pochi fedeli. Privilegiato un 
modello spettacolare
Donna Assunta Almirante non le manda a dire e si lamenta della crisi di identità che vive il nostro tempo: " oggi quello che  era anormalità, si é trasformato in normalità e viceversa. I giovani fanno quello che vogliono, le famiglie assenti o indifferenti. Vai a fare capire ad un ragazzo che non deve ritirarsi alle quattro del mattino, ti ride in faccia". La modernità: " a questo ha portato. A un cambio di rotta che non promette nulla di buono, che ha sconvolto la società e i risultati sono sotto gli occhi di tutti". Pensa che la Chiesa abbia delle responsbilità?: " quando avvengono fenomeni del genere le responsabilità sono condivise. Certo, anche la chiesa ha contribuito a questo disorientamento. Ora sarebbe ingiusto attaccarla, perché oggi le istituzioni cattoliche fanno anche opere di bene e se molti poveri mangiano un pasto questo spesso lo si deve ad organizzazione di volontari cattolici. E lo Stato invece di ringraziare spesso critica, ...
... mentre la Chiesa e il papa rimangono sempre un punto di riferimento etico". Poi precisa: " l' errore della Chiesa é stato quello di inseguire la modernità. Indubbiamente non può rinchiudersi in sé stessa e sforzarsi di comprendere il mondo, ma per cambiarlo e non assecondarlo. Prima esistevano le parrocchie, gli oratori, che svolgevano una sana opera di educazione e crescita, oggi nulla o poco. Le parrocchie fanno maggiormente una finta opera culturale o sociale dimenticando che il compito dei preti é formare anime e non sindacalisti".
A che cosa si deve questo?: "ad una idea fuorviante di modernità. Penso che sul piano dell' autorità e del prestigio, la Chiesa si sia fermata a Pio XII ,un grande papa spesso bistrattato, ma che dovrebbe essere rivalutato perché davvero santo. Lui era un colosso dottrinale, pastorale e di fede, uomo di carità e prudenza. Poi si é aperta una breccia, con la ricerca disperata del consenso e in questo il pontificato di Giovanni Paolo II ha molte colpe".
Quali colpe?: " certo le piazze e i raduni erano pieni, ma le chiese vuote. Si assecondavano i capricci dei giovani con canzoni e balli, mentre non si comprendeva che la religione era ben altra cosa e ai ragazzi si é data la idea che tutto fosse lecito,tutto permesso, che la Chiesa fosse baldoria e divertimento allo stato puro. In questo la Chiesa ha sbagliato, smarrendo quel sano senso di autorità che ci vuole. Oggi si pensa che il prete sia un amico, un uomo di famiglia e si é smarrito quel sano senso di rispetto che un ministro di Dio deve incutere non per autorità, ma per autorevolezza".
I preti non vestono da preti: " altro errore grave. Mi danno esteticamente fastidio quei sacerdoti che tralasciano la cura dei loro vestiti e si mettono jeans e maglione, quasi che si vergognino dei loro simboli. Anche la veste formale ed esteriore dice molto e un prete sciatto o vestito non da sacerdote sminuisce il ruolo della Chiesa".
Infine la messa: "  credo che la messa antica, quella di una volta e di sempre, la tridentina, fosse maggiormente rispettosa della tradizione e del sacro. Oggi molte celebrazioni sono diventate uno spettacolo e un circo, e lo si vede dal numero dei fedeli. Le chiese sono deserte, un fallimento, bisogna ammetterlo. Speriamo che questo Papa riporti l' orgoglio di essere cattolici".
Bruno Volpe
fonte:http://www.pontifex.roma.it

Bento XVI na homilia da Missa dos Santos Pedro e Paulo: a comunhão com Pedro e os seus sucessores é garantia de liberdade para os Pastores da Igreja e para as próprias comunidades, a eles confiadas. No plano histórico, a união com a Sé Apostólica assegura ás Igrejas particulares e ás Conferencias Episcopais a liberdade em relação aos poderes locais, nacionais ou supranacionais, que em certos casos podem obstaculizar a missão eclesial. Além disso, e mais essencialmente, o ministério petrino é garantia de liberdade no sentido da plena adesão à verdade, á autentica tradição, de maneira que o Povo de Deus seja preservado de erros acerca da fé e da moral.

  • Pope Benedict XVI waves 
to the faithful as he leaves at the end of 
solemn mass at St Peter's basilica to celebrate the feast of Saint Peter
 and Saint Paul on June 29, 2010 at The Vatican. Pope Benedict XVI 
placed palliums around the necks of 38 new archishops, symbol of their 
authority and responsability.  
Pope Benedict XVI, centre, leaves St. Peter's 
Basilica after he 
celebrated a mass where thirty-eight new archbishops received the 
pallium, a woolen shawl symbolizing their bond to the pope, at the 
Vatican, Tuesday, June 29, 2010.  






((29/6/2010) Na manhã desta terça feira o Papa Bento XVI presidiu na Basílica de São Pedro a Missa na solenidade dos Santos Pedro e Paulo, patronos da cidade de Roma. Com ele concelebraram 38 arcebispos metropolitas, aos quais o Papa impôs o pálio, simbolo do poder episcopal exercido em comunhão com a Igreja de Roma. Trata-se de uma faixa de lã branca com seis cruzes pretas de seda, uma insígnia litúrgica de "honra e jurisdição".
O Palio, como explicou o Santo Padre durante a imposição “seja para vós símbolo de unidade e sinal de comunhão com a Sé Apostólica; seja vinculo de caridade e estimulo de fortaleza para que no dia da vinda e da revelação do grande Deus e do príncipe dos pastores Jesus Cristo, possais obter com o rebanho que vos foi confiado, a veste da imortalidade e da gloria. São três os arcebispos de língua portuguesa que receberam das mãos do Papa o palio: o angolano D. Gabriel Mbilingi, arcebispo de Lubango, e os brasileiros D António Fernando Saburido, Arcebispo de Olinda e Recife e D. Alberto Taveira Corrêa Arcebispo de Belém do Pará.
O tema da liberdade da Igreja constituiu o fio condutor da homilia de Bento XVI que começou por salientar que a infidelidade dos seus membros é pior do que as perseguições que a Igreja sofre
“Se pensamos nos dois milénios de historia da Igreja, podemos observar que como tinha preanunciado o Senhor Jesus, nunca faltaram aos cristãos as provações, que nalguns períodos e lugares assumiram o carácter de autenticas perseguições.


Estas porém, não obstante os sofrimentos que causam, não constituem o perigo mais grave para a Igreja. De facto o dano maior ela sofre-o daquilo que polui a fé e a vida cristã dos seus membros e das suas comunidades, prejudicando a integridade dos Corpo místico, enfraquecendo a sua capacidade de profecia e de testemunho, ofuscando a beleza do seu rosto.


Esta realidade – salientou depois o Papa – é confirmada já nas cartas de S. Paulo. A Primeira Carta aos Coríntios, por exemplo, responde precisamente a alguns problemas de divisões, de incoerências, de infidelidades ao Evangelho que ameaçam seriamente a Igreja.
E a este propósito citou também a Segunda Carta a Timóteo que fala dos perigos dos últimos tempos, identificando-os com atitudes negativas que pertencem ao mundo e que pode contagiar a comunidade cristã: egoísmo, vaidade, orgulho, apego ao dinheiro, etc. A conclusão do Apostolo porém dá serenidade: os homens que fazem o mal não irão muito longe, porque a sua estultice será conhecida por todos.
Para Bento XVI existe portanto uma garantia de liberdade assegurada por Deus á Igreja, liberdade tanto dos laços materiais que procuram impedir ou coarctar a sua missão, como dos males espirituais e morais que podem corroer a sua autenticidade e credibilidade.
O Papa salientou depois que a comunhão com Pedro e os seus sucessores é garantia de liberdade para os Pastores da Igreja e para as próprias comunidades, a eles confiadas.
No plano histórico, a união com a Sé Apostólica assegura ás Igrejas particulares e ás Conferencias Episcopais a liberdade em relação aos poderes locais, nacionais ou supranacionais, que em certos casos podem obstaculizar a missão eclesial. Além disso, e mais essencialmente, o ministério petrino é garantia de liberdade no sentido da plena adesão à verdade, á autentica tradição, de maneira que o Povo de Deus seja preservado de erros acerca da fé e da moral.
Bento XVI concluiu a sua homilia invocando os Santos Apóstolos Pedro e Paulo para que ajudem a todos a amar cada vez mais a santa Igreja, corpo místico de Cristo Senhor, e mensageira de unidade e de paz para todos os homens.

fonte:radio vaticano

CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII MEDIATOR DEI SOBRE A SAGRADA LITURGIA Nº61 e 62 .San Pedro y san Pablo testigos de la Iglesia unida‎ .Gregorian Mass in Westminster Cathedral .Mais fotos da Missa Pontifical no Santuário Nacional dos EUA


CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII
MEDIATOR DEI
SOBRE A SAGRADA LITURGIA
SEGUNDA PARTE


61. O augusto sacrifício do altar não é, pois, uma pura e simples comemoração da paixão e morte de Jesus Cristo, mas é um verdadeiro e próprio sacrifício, no qual, imolando-se incruentamente, o sumo Sacerdote faz aquilo que fez uma vez sobre a cruz, oferecendo-se todo ao Pai, vítima agradabilíssima. "Uma... e idêntica é a vítima: aquele mesmo, que agora oferece pelo ministério dos sacerdotes, se ofereceu então sobre a cruz; é diferente apenas, o modo de fazer a oferta".(59)

62. Idêntico, pois, é o sacerdote, Jesus Cristo, cuja sagrada pessoa é representada pelo seu ministro. Este, pela consagração sacerdotal recebida, assemelha-se ao sumo Sacerdote e tem o poder de agir em virtude e na pessoa do próprio Cristo;(60) por isso, com sua ação sacerdotal, de certo modo, "empresta a Cristo a sua língua, e lhe oferece a sua mão".(61) 

Bento XVI criou um novo Organismo em forma de Conselho Pontifício para promover uma renovada evangelização






Pope Benedict XVI leaves 
after the first Vesper at Rome's St. Paul 
Outside the Walls Basilica on June 28, 2010. Pope Benedict XVI announced
 that the Vatican will create a new Church ministry aimed at reviving 
the Christian faith in Catholic countries where it has been eroded by 
securalisation. 

Pope Benedict XVI leaves 
at the end of the first Vesper at Rome's 
St. Paul Outside the Walls Basilica on June 28, 2010. Pope Benedict XVI 
announced that the Vatican will create a new Church ministry aimed at 
reviving the Christian faith in Catholic countries where it has been 
eroded by securalisation.   Bento XVI presidiu esta tarde na Basílica de São Paulo fora de muros as primeiras Vésperas da solenidade dos Santos Apóstolos Pedro e Paulo. Presente também uma delegação do Patriarcado ecuménico de Constantinopla enviada por Bartolomeu I.

Na sua homilia o Papa fez uma reflexão na perspectiva da vocação missionaria da Igreja.

Recordou os seus predecessores Paulo VI e João Paulo II que deram um grande impulso á missão da Igreja, uma herança que recolheu, salientando hoje na Basílica de São Paulo que a Igreja é no mundo uma imensa força renovadora, não certamente graças ás suas forças, mas pela força do Evangelho, onde sopra o Espírito Santo de Deus, o Deus criador e redentor do mundo.

“Também o homem do terceiro milénio - disse Bento XVI – deseja uma vida autêntica e plena, precisa de verdade, de liberdade profunda, de amor gratuito. Também nos desertos do mundo secularizado, a alma do homem tem sede de Deus, do Deus vivo. Por isso João Paulo II escreveu: a missão de Cristo Redentor, confiada à Igreja, está ainda bem longe do seu pleno cumprimento., e acrescentou: uma visão de conjunto da humanidade mostra que tal missão está ainda no começo, e que devemos empenhar-nos com todas as forças no seu serviço”.

Existem regiões do mundo , acrescentou depois Bento XVI, que ainda esperam uma primeira evangelização, outras que a receberam, mas precisam de um trabalho mais aprofundado; outras ainda nas quais o Evangelho lançou raízes desde há muito tempo, dando lugar a uma tradição cristã, mas onde nos últimos séculos - com dinâmicas complexas – o processo de secularização produziu uma grave crise do sentido da fé cristã e da pertença á Igreja.

Nesta perspectiva - salientou o Papa – decidi criar um novo organismo, na forma de Conselho Pontifício , com a tarefa principal de promover una renovada evangelização nos Países onde já ressoou o primeiro anuncio da fé e estão presentes Igrejas de antiga fundação, mas que estão a viver uma progressiva secularização da sociedade e uma espécie de eclipse do sentido de Deus, que constituem um desafio a encontrar meios adequados para repropor a verdade perene do Evangelho de Cristo.

A concluir Bento XVI afirmou que o desafio da nova evangelização interpela a Igreja e pede também que se prossiga com empenho a procura da unidade plena entre os cristãos
Fonte: site Radio Vaticana
visto em:Spe Deus

San Pedro y san Pablo testigos de la Iglesia unida‎

Pope Benedict XVI 
arrives to celebrate the first Vesper at Rome's 
St. Paul Outside the Walls Basilica on June 28, 2010. Pope Benedict XVI 
announced that the Vatican will create a new Church ministry aimed at 
reviving the Christian faith in Catholic countries where it has been 
eroded by securalisation. 

Pope Benedict XVI 
arrives to celebrate the first Vesper at Rome's 
St. Paul Outside the Walls Basilica on June 28, 2010. Pope Benedict XVI 
announced that the Vatican will create a new Church ministry aimed at 
reviving the Christian faith in Catholic countries where it has been 
eroded by securalisation.  

CIUDAD DEL VATICANO, lunes 28 de junio de 2010 (ZENIT.org).- Ofrecemos a continuación el discurso que el Papa Benedicto XVI dirigió hoy a la Delegación enviada por el Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, que se encuentra en Roma para celebrar la Solemnidad de san Pedro y san Pablo.

La Delegación está encabezada por el Metropolita de Sassima, Genadio (Limouris), que es también Co-Secretario de la comisión mixta internacional para el diálogo teológico entre la Iglesia católica y la Iglesia ortodoxa en su conjunto. También participan en ella el obispo de Arianzós, Bartolomé (Ioannis Kessidis), y el diácono Theodoros Meimaris, de la Sede patriarcal del Fanar.


Querido hermano en Cristo,

“Lleguen a vosotros la gracia y la paz que proceden de Dios, nuestro Padre” (Col 1,2). Con gran alegría y sincero afecto le doy la bienvenida en el Señor a esta ciudad de Roma, con motivo de la celebración anual del martirio de los santos Pedro y Pablo. Su fiesta, que la Iglesia católica y las Iglesias ortodoxas celebran el mismo día, es una de las más antiguas del año litúrgico, y constituye el testimonio de una época en que nuestras comunidades vivían en plena comunión unas con otras. Su presencia aquí hoy – por la cual estoy profundamente agradecido al Patriarca de Constantinopla, Su Santidad Bartolomé I, y al Santo Sínodo del Patriarcado Ecuménico de Constantinopla – nos trae gran alegría a los corazones de todos nosotros.

Doy gracias al Señor de que las relaciones entre nosotros se caractericen por sentimientos de confianza mutua, estima y fraternidad, como ha sido ampliamente atestiguado en las numerosas reuniones que han tenido lugar ya en el transcurso de este año.

Todo esto da motivos para la esperanza de que el diálogo católico-ortodoxo también seguirá progresando a buen ritmo. Su Eminencia es consciente de que la Comisión mixta internacional para el diálogo teológico, de la cual usted es Co-Secretario, se encuentra en un punto crucial, después de haber comenzado a discutir, el pasado octubre en Paphos, sobre el "El papel del obispo de Roma en la comunión de la Iglesia en el primer milenio". Con todo nuestro corazón suplicamos que, iluminados por el Espíritu Santo, los miembros de la Comisión continúen por este camino durante la próxima reunión plenaria que se celebrará en Viena, y dediquen el tiempo necesario para el estudio a fondo de este asunto tan delicado e importante. Para mí es un signo alentador que el patriarca ecuménico Bartolomé I y el Santo Sínodo de la Constantinopla compartan nuestra firme convicción de la importancia de este diálogo, como Su Santidad dijo tan claramente en la Carta Encíclica Patriarcal y sinodal, con motivo del Domingo de la Ortodoxia, el 21 de febrero de 2010.

En la próxima Asamblea Especial para Oriente Medio del Sínodo de los Obispos, que he convocado para el mes de octubre aquí, en Roma, estoy seguro de que el tema de la cooperación ecuménica entre los cristianos de esta región volverá a recibir gran atención. De hecho, se destaca en el Instrumentum laboris, que entregué a los obispos católicos de Oriente Medio durante mi reciente visita a Chipre, donde fui recibido con gran calidez fraterna por Su Beatitud Crisóstomo II, el Arzobispo de Nea Justiniana y de Toda Chipre. Las dificultades que los cristianos de Oriente Medio están experimentando son en gran medida comunes a todos: vivir como una minoría, y el anhelo por una auténtica libertad religiosa y por la paz. El diálogo es necesario con las comunidades islámica y judía. En este contexto, me complace dar la bienvenida a la Delegación fraterna que el Patriarca Ecuménico enviará para que participe en los trabajos de la Asamblea sinodal.

Eminencia, queridos miembros de la Delegación, os doy las gracias por vuestra visita. Os pido que transmitáis mi saludo fraterno a Su Santidad Bartolomé I, al Santo Sínodo, al clero ya todos los fieles del Patriarcado Ecuménico. A través de la intercesión de los apóstoles Pedro y Pablo, que el Señor nos conceda abundantes bendiciones, y que nos mantenga siempre en su amor.

[Traducción del original en inglés por Inma Álvarez]

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Gregorian Mass  in Westminster Cathedral, celebrated with great dignity by Bishop Alan Hopes. It was the Feast of SS John and Paul, martyrs, and was accompanied by the Lay Clerks of Wesminster Cathedral, directed by Martin Baker, the Master of Music, who sang the Mass 'Quarti Toni' by Tomas Luis da Victoria.


2010 06 26_6705 por Joseph Shaw1.


 


2010 06 26_6644 por Joseph Shaw1.


 


2010 06 26_6674 por Joseph Shaw1.



2010 06 26_6675 por Joseph Shaw1.



2010 06 26_6688 por Joseph Shaw1.


fonte:http://www.flickr.com/photos/josephshaw/4736589812/

Mais fotos da Missa Pontifical no Santuário Nacional dos EUA

Publicamos aqui a notícia sobre esta Missa, bem como algumas fotos. Agora, damos mais algumas, a partir do excelente site Catholic Eye Candy:







visto em:salvem a liturgia