sexta-feira, 21 de junho de 2013

Cristo lo vedo come l’Oblato divino, come l’Agnello perennemente immolato, come l’Orante perenne per noi, presso il Padre.

DA ITINERARIUM MENTIS DI DON FRANCESCO MOTTOLA

SPIRITUALITA’
Spiritualità è virtù di religione in concreto – nella nostra concretezza storica: cioè carattere – arte.
Se l’art, sintesi di idea e di storia non è personale, non è arte. Ma pur nelle differenze individuali, ci sono delle inconfondibili correnti artistiche, perché le idee trascinano le persone e creano il clima storico.
E così anche nell’arte divina che ha per esemplare Cristo: lo splendore del Padre che si fece Carne.
La storia vera la scrivono i santi: per essi plagiari di Cristo, Cristo entra più vitalmente nell’umanità e l’uomo attinge il fine.
Ecco perché la Chiesa è necessariamente santa ed esprime perenne la sua vitalità in una fioritura di santi. Il plagio spirituale muta per il dispiegarsi diverso all’anima del mistero di Cristo, per i diversi atteggiamenti di anima in rapporto al mistero.
Cristo lo vedo come l’Oblato divino, come l’Agnello perennemente immolato, come l’Orante perenne per noi, presso il Padre.
Non è questa la Messa di Cristo che ha per centro il Calvario, per fine supremo la glorificazione del Padre, per confine l’eternità? All’aurora l’offerta, al tramonto l’immolazione: e la comunione dura perenne nel meriggio dei Cieli…
E’ per questo che Cristo è sempre Mediatore, Sacerdote, Re, divino pacificatore col Sangue della Sua Croce, del cielo e della terra, con Dio.
Ma la Sua Croce è presente nella storia, per il sacrificio eucaristico dell’altare, per il sacrificio mistico della Chiesa – la Croce che esprime in diversa maniera, l’immolazione interiore (sostanza del sacrificio) dell’Oblato divino. Così Cristo è presente: unico varco nella tempesta buia che ci opprime, verso il Cielo. Dobbiamo unirci a Lui.
E’ necessario, dopo la inserzione del Battesimo, che come tutti i Sacramenti dice ordine, e si perfeziona nell’Eucaristia, unirsi sempre più strettamente a Cristo: per morire, per vivere.
Per morire con la Sua morte, per vivere della Sua vita. Dobbiamo celebrare con Lui la nostra Messa: oblazione, immolazione, comunione – e sarà il dispiegarsi della storia dell’unica Messa che è Sua. E’ per questa unicità sacrificale che tutti i sofferenti hanno il volto divino di Cristo, ed ogni dolore ha l’aroma del Calvario.
Ma per sentir questo è necessario mettersi in ginocchio e pregare.
Misticismo? Si, se per misticismo s’intende primato assoluto della preghiera.
Preghiera che è rinnegamento, slancio verso la luce, riposo, in volo, verso l’Infinito.
Per Cristo Signor Nostro.
Così la preghiera ci porta alla Comunione eucaristica e l’Eucaristia dilata più divinamente l’ala alla preghiera, conquistatrice di Dio.
L’apostolato di fatto scende dalla pienezza della contemplazione: come dai nevai la forza dei fiumi, che pur tornano al mare ansiosi di azzurro, per essere riassorbiti dal sole. Sarebbe altrimenti pericolosissimo- nei tristi tempi che corrono – rimanere nel mondo: solo a questo patto salveremo il sacerdozio e le anime. Perciò il nostro primo dovere è la preghiera: privarsene significa tagliare le sorgenti all’apostolato ed essere pericolosamente distributori di sacramenti.
E’ la preghiera che ci darà delle cose la visione più vera: vedremo tutto in Dio e conseguentemente ameremo tutto in Lui.
Mettiamoci in ginocchio e rinnoviamo la nostra promessa di morte.

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